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Impermanenza

"L’incasellamento ci sta stretto, lo sentiamo e lo percepiamo ma non lo pensiamo, essendone abituati."

Insight - 01/05/2024

“Essere ciò che siamo e divenire ciò che siamo capaci di divenire è l’unico scopo della vita.”
Spinoza

A tutti noi è familiare la sensazione di dover fare delle scelte preimpostate, della serie: “ok, fatto quel liceo, faccio quell’università, poi magari quel master per poter poi lavorare in quel posto/settore”. Tutto questo senza contare che il periodo in cui si fanno queste cose è anche quello dove si cambia maggiormente. Il risultato è che intraprendiamo una “vita” in base alle nostre scelte di anni prima. Praticamente fatte da un’altra persona, un estraneo.
Le chiacchiere con amici a notte fonda sono la migliore ispirazione per supercazzole filosofiche come quella che segue e che si concentra su quanto detto sopra, Baruch Spinoza ed il pensiero Buddista.

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Il pensiero di Spinoza è molto legato al concetto onnipresente di Dio e della sua somiglianza con la natura. Secondo il filosofo, obbiettivo principale della vita è quello di raggiungere la felicità, ma come? Ovviamente riuscendo a vivere in armonia con la natura e, quindi, con Dio. Pensiero controverso e di cui si è discusso anche dopo la sua morte ma cosa direbbe il filosofo se vivesse nella nostra epoca? Dio è morto e le nostre controparti, interlocutori, non sono altro che spesso copie di noi stessi viste attraverso uno schermo. Incasellati in vite e appartamenti di 32 metri quadrati, cerchiamo di rimpiazzare il vuoto lasciato dalla sua morte con qualsiasi cosa, spesso serotonina in micro dosi compresa.

In un momento molto confuso della mia vita, che pensavo fosse un momento ma invece è la mia vita, ho letto questa frase:
“Essere ciò che siamo e divenire ciò che siamo capaci di divenire è l’unico scopo della vita.”

Amo la natura, certo, ma non ho mai creduto in Dio. Questa frase ha alleggerito il peso che portavo in petto, in parte formatosi per la pressione di dover scegliere una strada da percorrere, un personaggio da scegliere e una maschera da indossare che fornisse una spiegazione veloce, semplice e concisa alla domanda: “e tu che fai?”

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È innegabile che il sistema capitalistico abbia portato molti fattori positivi ma la necessità di guadagnare ci ha spinto anche a spegnere una parte di noi stessi, dare un ordine al caos, un sistema di emozioni che è il centro della vita stessa.
Il nostro ambiente ci ha insegnato a pensare e a prendere decisioni pensate utilizzando il metro del futuro e del profitto crescente spesso senza però curarci di quello che abbiamo dentro. Sappiamo quello che pensiamo ma non sappiamo quello che sentiamo.
La comunicazione spesso fallisce anche con le generazioni precedenti alla nostra per via del gap generazionale. Mentre loro ci spingono a prendere decisioni e posizioni, noi speriamo di vivere senza maschera con un volto che cresce e che cambia, a volte anche in modo repentino, senza doverci sentire in colpa per il solo fatto di essere noi stessi.

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Nessuna supercazzola filosofica sarebbe però completa senza una dose Q.B. di spiritualismo orientale. Penso che, se Spinoza avesse vissuto nella nostra epoca, avrebbe amato la filosofia buddista. D’altra parte, in entrambe non mancano spiritualismo, amore per la natura e ricerca della felicità. Uno dei due è però sopravvissuto ai tempi moderni riuscendo a dare risposte e ispirazione a molte persone confuse come me e, forse, a qualcuno di voi.
Il buddismo, specialmente quello Zen, presenta un concetto che deriva dal passaggio di questa filosofia in Cina e dalla sua fusione con la filosofia taoista, questo è l’impermanenza.
Continuo cambiamento, tutto è un eterno movimento. Questo potrebbe essere una risposta al perché l’incasellamento ci sta stretto, lo sentiamo e lo percepiamo ma non lo pensiamo essendone abituati.
Abituati ad agire usando la mente più che i sentimenti, forse Spinoza avrebbe incluso questo nei suoi scritti, chi può dirlo.

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